La Cattedrale

Nel 1133 cominciarono il lavori di costruzione della Cattedrale di Ferrara dedicata a San Giorgio. Per questa si decise di utilizzare uno spazio all’interno della cinta muraria, terreno fangoso che venne bonificato al centro della città. Ferrara possedeva già una Cattedrale, ovvero, la Basilica di San Giorgio, situata fuori dalla città storica, al di là del corso del Po di Volano, nel Borgo San Giorgio.

Con la scelta di traferire la Cattedrale entro le mura si dava inizio alla costruzione della chiesa più sontuosa ed importante di Ferrara e alla realizzazione del desiderio di affermazione della Città nei confronti del dominio Pontificio che nel Medioevo la governava. Il Duomo venne pensato e designato per divenire il fulcro di quel nascente Comune che andava sempre più reclamando la propria indipendenza. Il vescovo Landolfo nutriva sentimenti di rivalsa sia nei confronti del Papa che in quelli del vescovo di Ravenna e insisteva nel tentativo di guadagnare una cospicua autonomia da entrambi.

Sospeso dalla carica episcopale tra 1123 e 1124, Landolfo non si perse d’animo e riuscì ad ottenere una bolla papale di Innocenzio II che, nel 1139, riportava la diocesi ferrarese sotto la dipendenza diretta del Pontefice (escludendo Ravenna da ogni influenza) e lasciava come cedevoli i diritti di proprietà solo al vescovo di Ferrara. Da allora ebbero inizio le trattative per l’acquisto dei terreni e prese il via la costruzione del nuovo San Giorgio. Centro politico-religioso, ma anche cuore commerciale cittadino, il Duomo divenne il punto di partenza per tutti gli edifici civili deputati al governo: il Palazzo della Ragione, la residenza del Marchese e il palazzo del Podestà.

Nel 1133 cominciarono i lavori di costruzione. Il maggiore finanziatore dell’opera fu Guglielmo II degli Adelardi, ricco possidente facente parte di quel gruppo d’influenza filo-papale che salì al potere a Ferrara. Egli strinse alleanza con il Vescovo Landolfo e stanziando ingenti somme di denaro per accelerare i lavori, non solo Guglielmo acquisì maggiore prestigio sociale, ma riuscì anche a favorire la sua famiglia, che vide finalmente realizzate le antiche mire in ambito politico.

La cattedrale venne terminata probabilmente tra il 1135 e il 1147, ma la consacrazione ufficiale dell’altare maggiore è da ricondurre piuttosto al 1177, quando Papa Alessandro III vi celebrò una S. Messa di benedizione. Già nel 1143 la sede episcopale era stata trasferita da Lanfranco nel nuovo Duomo e il suo successore Grifo, nel 1149, vi svolgeva ormai la massima parte delle sue attività in collaborazione coi i canonici, anch’essi già stabilitisi nella nuova sede, dopo l’abbandono della vecchia S. Giorgio.

La grandiosa facciata della cattedrale, costruita in stile romanico, presenta numerosi e articolati particolari di rilievo quali logge, arcate, statue, rosoni e bassorilievi. Alcuni particolari, postumi alla creazione della facciata, presentano caratteristiche gotiche come il Giudizio universale posto sul protiro sorretto da due ippogrifi o la statua della Madonna col bambino posta in una loggia sopra il portale centrale. Sul lato destro della basilica che corre lungo Piazza Trento e Trieste era un tempo presente una seconda entrata denominata Porta dei Mesi, completamente demolita durante un restauro settecentesco.

L’interno della chiesa risulta completamente differente rispetto al corpo esterno. È predominante lo stile barocco, che decora completamente le tre navate, mentre nelle cappelle laterali si possono ammirare numerosi dipinti del Guercino, del Garofalo e di Francesco Francia. Il campanile in marmo rosa e bianco lo si fa attribuire a Leon Battista Alberti anche se, nella sua forma attuale, risulta incompleto, sembra che il progetto realizzato da Leon Battista Alberti nel 1450, per la costruzione della torre campanaria al di sopra delle fondamenta già gettate nel 1412, comprendesse anche una guglia da apporre al di sopra del cubo marmoreo che contiene le campane, ma tale appuntita estremità non venne mai realizzata.

I quattro grandi blocchi in cui la muratura della torre è suddivisa per mezzo di cornicioni aggettanti, sono decorati da paraste semi-cilindriche sovrastate da archi a tutto sesto, tra i quali trovano posto pennacchi contenenti elementi decorativi. Alla base della torre si trovano invece i simboli dei quattro Evangelisti, mentre nel secondo cubo marmoreo furono posti cinque quattrocenteschi scudi sporgenti, raffiguranti stemmi dell’epoca comunale. Nella metà del XIII secolo le prime opere di risistemazione della facciata, dopo la conclusione della costruzione: esse portarono ad una sostanziale trasformazione della parte superiore del Duomo, a partire dalle arcate che stanno al di sopra del primo ordine di loggette.

Anche il protiro che sovrasta l’ingresso principale subì decise modifiche. Le successive addizioni, sia scultoree che architettoniche, vennero operate seguendo la linea del gotico europeo. Nel 1478 vennero annesse alla costruzione anche le botteghe dei mercanti che erano state costruite a ridosso della parete esterna, tramite la costruzione di un porticato detto “Loggia degli strazzaroli”. Tra 1498 e 1507 il grande architetto si occupò di ingrandire il coro e costruire l’abside, portando ad un allungamento generale dell’edificio.

Gli ultimi lavori alla chiesa ebbero luogo tra Seicento e Settecento: nel 1636 l’architetto Luca Danese risistemò l’ultima campata prima del coro, che necessitava un consolidamento statico, mentre tra 1712 e 1728 l’architetto F. Mazzarelli ristrutturò gli antichi interni. La Cattedrale che conosciamo oggi è sostanzialmente quella delle ultime modifiche di Mazzarelli: un autentico gioiello di storia e cultura, avvolto nella mistica dimensione del raccoglimento religioso che si assapora tra le sue antiche e possenti mura.

La parte inferiore della facciata, fino al primo loggiato di archetti a tutto sesto, venne realizzata nell’imponenza tipica delle chiese in stile romanico: le tre ampie porte d’accesso si aprono in un’austera parete liscia che non vede nessun fasto troppo ostentato. Il discorso cambia radicalmente se lo sguardo comincia a salire arrampicandosi lungo il primo ordine di loggette: eccoci agli archetti riuniti in trifore, a loro volta sovrastate da rosoni decorati ricompresi in archi a sesto acuto. Il secondo ordine di logge è continuo: esso sta sotto a grandi bifore profondamente strombate, quattro per ognuna delle tre massicce cuspidi che rendono unica la struttura del Duomo.

I maestosi timpani sono infine completati da tre ampi rosoni e da una galleria di piccoli archi che va ad impreziosirne gli spioventi. Sulla parte destra della facciata venne realizzata una piccola nicchia, per contenere la statua del Marchese Alberto d’Este. Grande merito dell’uomo fu quello di essere riuscito ad ottenere, nel 1331, la legittimazione dell’Università ferrarese, tramite una bolla Papa Bonifacio IX. Sulla sommità dell’ingresso che si trova in questa parte della facciata sta una piccola testa femminile di epoca romana: la leggenda vuole che essa rappresenti Madonna Ferrara, presunta prima fondatrice della città.

Presso l’ingresso minore di sinistra si trova un busto in bronzo raffigurante Clemente VII, opera seicentesca di Giorgio d’Albenga: egli ricondusse la città di Ferrara sotto il dominio dello Stato Pontificio nel 1598 e l’epigrafe commemorativa che sta sotto la statua racconta proprio di tale fatto. Al vertice dei pilastri cilindrici che sorreggono la facciata stanno una scultura raffigurante un uomo armato a cavallo che tutti riconoscono in Guglielmo degli Adelardi e una figura femminile che stringe a se un libro, possibile allegoria dell’insegnamento della Chiesa.

La presenza del porticato commerciale mantiene nascosto lo zoccolo in marmo che circonda le quattro pareti e proprio sul lato destro riporta l’incisione di un decreto comunale nel 1173, ritenuto documento di fondamentale importanza per la ricostruzione della storia medievale di Ferrara, purtroppo oggi conosciuto solo in modo frammentario. Caratteristiche di questo lato, infine, sono due antiche entrate murate: la porta dello Staio e la Porta dei Mesi.

La prima era situata al margine più orientale dell’edificio e venne demolita per far posto al porticato destinato ai negozi dei mercanti. La seconda, della quale si conservano molte formelle che la decoravano all’interno del Museo della Cattedrale, venne distrutta nel 1717. Anche questa porta doveva, all’origine, essere dotata di un protiro: l’intento del progettista era infatti quello di porre una seconda entrata di splendore pari a quella del portale maggiore, orientata verso la strada e il monastero di San Romano. Tale entrata venne completata intorno al 1230 e venne ornata di rilievi raffiguranti i simboli dei dodici mesi e dei segni zodiacali. Autore della splendida porta fu probabilmente il famoso Maestro dei Mesi, scultore del 1200 di ben nota manualità, che lasciò tracce del suo rinomato talento artistico anche presso la chiesa di San Mercuriale a Forlì e nella bellissima San Marco di Venezia.

La prima inaugurazione del Museo della Cattedrale ebbe luogo nel 1929. A quel tempo i numerosi reperti risalenti alla prima costruzione della chiesa trovarono catalogazione e stabile sede nel piano al di sopra dell’atrio, creato nel restauro del 1700. Nel 2000, grazie ad una convenzione tra il Capitolo della Cattedrale e il Comune di Ferrara, il Museo venne trasferito nel complesso monastico di San Romano, a pochi metri dal Duomo. Tale complesso, abitato prima da monaci benedettini poi da Canonici regolari di Sant’Agostino, parve il luogo ideale per dare consona sistemazione a testimonianze storico-artistiche di così grande interesse e valore.

Nella sala principale dell’ex-convento trovarono opportuna sistemazione alcuni antichi libri che contenevano le preghiere e i canti utili all’animazione delle celebrazioni liturgiche. Tra una raccolta di inni e un salterio spiccano ben ventidue corali atlantici, che risalgono all’epoca rinascimentale. Essi sono davvero spettacolari da osservare, nelle originali miniature curate dal caposcuola ferrarese Guglielmo Giraldi con l’ausilio dei suoi aiutanti (Jacopo Filippo Argenta, Martino da Modena e Giovanni Vendramir): autentici esempi di antica dedizione, perizia e abilità.

I maggiori capolavori del Museo sono conservati, più che nella parte conventuale, nella sala dell’antica chiesa.

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